Muore 60enne prigioniero del rogo
E' rimasto bloccato tra le fiamme nel gabbiotto del tiro del poligono di Pistoia. Riccardo Tarlati, 60 anni, ha cercato disperatamemnte di uscire dalla feritoia, ma l'incendio non gli ha lasciato scampo
Pistoia 25 luglio - Ha cercato riparo verso la feritoia dalla quale passano i proiettili per raggiungere il bersaglio, cento metri più in là. Guadagnato il pertugio, ha gettato la carabina all’esterno, ma non ce l’ha fatta a scavalcare. Il fumo lo ha stordito, poi le fiamme lo hanno raggiunto e non c’è stato nulla da fare per Riccardo Tarlati, sessant’anni, fotografo professionista e cacciatore per hobby.Ieri pomeriggio nell’impianto del Tiro a Segno Nazionale, glorioso sodalizio della Pistoia sportiva fondato nel 1880, Tarlati stava sparando per tarare il binocolo della carabina con la quale fra qualche settimana avrebbe cacciato gli ungulati che gli era stato concesso di abbattere. Si trovava sulla terza delle quattro linee del poligono quando nella prima, quella più prossima all’uscita, è divampato un incendio che si è propagato velocemente malgrado le pareti fossero rivestite di materiale fonoassorbente e ignifugo.
"In quindici secondi le fiamme hanno avvolto tutto - è la testimonianza di Carlo Rocchi, consigliere del Tiro a Segno Nazionale, che stava apprestandosi ad entrare nella linea 2 accanto a quella in cui è morto Tarlati -. Maccioni, che occupava la prima linea, quella andata a fuoco, mi ha gridato qualcosa. Ho raggiunto l’estintore, ma non mi è rimasto altro che scappar via. A fuggire è riuscito anche a Rinaldo Spinicci, 60 anni, che occupava la linea 4, quella più lontana dall’uscita: è passato di corsa fra le fiamme, la maglietta ha preso fuoco provocandogli ustioni alla schiena. Niente di grave in confronto a quel che è accaduto a Tarlati, rimasto imprigionato fra fumo troppo denso, fiamme troppo alte e una finestra troppo piccola. Ma com’è possibile che in un impianto sportivo in cui la sicurezza è il primo comandamento, sia divampato un incendio? La causa più probabile è la polvere da sparo che si sarebbe depositata, sottile e impercettibile sulle pareti, un colpo dietro l’altro. Sarebbe bastato uno sparo assieme all’elevatissima temperatura del pomeriggio di solleone a provocare la scintilla. Carlo Rocchi però non ci crede: "La manutenzione è all’ordine del giorno. L’impresa effettua costantemente il lavaggio delle pareti con l’idropulitrice. Basti pensare che in una delle linee, fra umidità e luce ridotta è nato e un bel fungo. Impossibile che spuntasse in un ambiente secco".
Franco Granai, consigliere della Federazione tiro a segno, giunto da Firenze alla notizia della disgrazia sottolinea l’impegno per la sicurezza. "Dopo la morte del custode del poligono di Galceti a Prato nel 2006, provocata da un incendio, l’attenzione è massima in tutti i circoli, anche se paradossalmente la casistica riporta un maggior numero di incidenti di questo tipo che non provocati dall’uso delle armi". Il sostituto procuratore Emiliano Raganella attende l’esito delle analisi da parte dei vigili del fuoco e soprattutto l’esame delle riprese delle telecamere a circuito chiuso del poligono nel quale si addestrano anche le forze dell’ordine. Intanto Andrea Tarlati, figlio della vittima, arrivato con ancora addosso la tuta che usa nel suo lavoro di meccanico, si dispera: "Non è possibile morire brucuati mentre ci si sta divertendo. Qualcuno deve spiegare perché. E qualcuno risponderà".
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